Creare il post-Kyoto dopo i Climate Change Talks di Bonn: recriminazioni e ordine sparso?

15 06 2009

 

Allarmanti opinioni emergono in merito ai Bonn Climate Change Talks ad un weekend di distanza dalla loro conclusione avvenuta venerdì 12 giugno dopo 2 settimane di negoziati. Opinioni estremamente dissonanti con quanto espresso precedentemente dallo stesso Direttore Esecutivo della UNFCCC, Yvo de Boer, nel comunicato stampa ufficiale di conclusione dei lavori. E ben diverse dai pur limitati ottimismi che avevamo potuto rilevare nel precedente post dedicatovi.

L’espressione “physically impossible che lo stesso Yvo de Boer in data 11 giugno (giusto alla vigilia del termine dei lavori) aveva riservato al raggiungimento di un accordo a dicembre è stata infatti rilanciata da più parti. Il tema più spinoso, come rilevato, concerne la determinazione delle specifiche riduzioni nelle emissioni che ogni Paese accetta di attribuirsi: in merito, opposizioni importanti si rinvengono non solo tra Paesi industrializzati e in via di sviluppo, ma all’interno degli stessi Paesi sviluppati e tra gli emergenti e i Paesi più poveri.

Ed si fa insistente l’opzione di un mercato internazionale delle emissioni anche fuori da un quadro concordato a livello di Nazioni Unite (di UNFCCC dunque), come riportato nello stesso sito ufficiale della Conferenza di Copenhagen. La questione posta è di efficienza: dal momento che qualcosa per ridurre le emissioni va fatto, saranno più efficienti delle misure nazionali legalmente vincolanti sul piano domestico o un complessivo accordo internazionale che vincoli tutti (e che metta d’accordo tutti)?

Una delegittimazione degli sforzi ONU? una sconfitta del multilateralismo? una sconfitta dei Regimi Internazionali e di tutta la Teoria di Relazioni Internazionali che vi giace dietro? un segnale di volontà politica forte contro i gelosismi diplomatichesi interni alle Nazioni Unite, genere se-tu-non-ti-impegni-io-non-mi-impegno e hai-inquinato-e-ti-sei-sviluppato-ora-devi-impegnarti-di-più? una vittoria del buon senso e dell’urgenza di agire comunque? che opportunità, che minacce di tutto ciò?

Di fatto, al momento attuale le Parti sembrano condursi in ordine sparso:

Perché dunque opporsi alla fissazione di tetti nazionalmente determinati ma internazionalmente sanciti, di fronte a questi impegni volontari? La Ministro danese al Clima e all’Energia, Connie Hedegaard, auspica che i governi ai loro massimi livelli (e non solo i delegati) si riuniscano al più presto per superare tali particolarismi. Rinunciare ad un approccio internazionale-globale del problema del Cambiamento Climatico potrebbe infatti non solo tradursi in una capacità insufficiente di intervento sul fenomeno, ma anche in un’allocazione meno efficiente delle risorse finanziarie, tecnologiche e politiche per affrontarlo. Ovvero, a maggiori costi per tutti.

Food for thought, per ora. Nutrimento per il pensiero, dicono gli inglesi.





La Giornata Mondiale dell’Ambiente (5 giugno 2009): “Your planet needs you”. L’impegno del Messico.

2 06 2009

 

Sempre con un riferimento a “Copenhagen 2009”, conferenza che in dicembre dovrebbe proporre un Trattato post-Kyoto più efficace e condiviso, si aprirà tra 3 giorni la Giornata Mondiale per l’Ambiente, organizzata dall’UNEP ogni 5 giugno dal 1972.

E ancora emerge un rimando chiaro alla crisi economica e alle opportunità che essa apre per un “Green New Deal”, come sottolinea il Segretario Generale dell’ONU Ban Ki-moon nel suo messaggio. L’invito questa volta è rivolto non solo ai governi, riuniti in sede G8, o alle imprese internazionali, che si sono incontrate durante il World Business Summit on Climate Change, ma ai normali cittadini.

Coinvolgere attivamente gli individui come attori di uno Sviluppo più equo e Sostenibile e sensibilizzare le Comunità sul loro ruolo chiave per la lotta Cambiamento Climatico rappresentano infatti le priorità della giornata.

La protezione delle foreste, la lotta alla povertà e la lotta al Global Warming sono stati proposti quali sottotemi dal Messico, Paese ospitante dell’iniziativa in ragione del suo crescente impegno contro il Cambiamento Climatico. Come sottolinea Juan Elvira, Ministro messicano all’Ambiente e alle Risorse Naturali, il recupero delle foreste rappresenta infatti una priorità nazionale per il governo.Governo che si sta impegnando a “creare un Paese di eque opportunità, produttivo, efficiente, competitivo e rispettoso dei suoi asset naturali”. Il riconoscimento da parte della società civile e degli attori economici di tali asset (in termini sia di risorse sia di servizi che gli ecosistemi forniscono all’uomo -come il ciclo dell’acqua, dei rifiuti….-) come fondamenti dello sviluppo economico e del benessere sociale, rappresenta parte integrante di tale strategia.

Si tratta di una posizione estremamente avanzata e interessante, come riconosce Achim Steiner, Sottosegretario Generale ONU e Direttore Esecutivo dell’UNEP (Programma per l’Ambiente delle Nazioni Unite). Il Messico, non obbligato dal Protocollo di Kyoto ad alcuna limitazione alle emissioni, si è nondimeno impegnato volontariamente a porsi un tetto nazionale; il Paese si sta inoltre dedicando ad una profittevolissima produzione per l’esportazione di pannelli solari e, nella regione, è secondo solo al Brasile per ricorso ai Meccanismi di Sviluppo Pulito (Clean Development Mechanisms) istituiti con il Protocollo di Kyoto per i Paesi “in via di Sviluppo”. E come se ciò non bastasse, il governo remunera i cittadini proprietari di terre forestali affinché le proteggano.

L’augurio degli organizzatori è che l’impegno volontario di questo Paese (che ha compreso come l’Economia Verde possa generare un bel po’ di posti di lavoro) sia di esempio per tutti gli altri, a 190 giorni dall’appuntamento chiave di Copenhagen. Per ora, il motto che questa giornata vuole lanciare sembra essere “Seal the Deal” (in italiano suonerebbe “sigillare il patto”, “determinare il gioco”) a Copenhagen.